Ci vuole un cuore Forte al centro
In un mondo di stereotipata omologazione sociale, c'è un comune nel centro Italia che per contrastare lo spopolamento, enfatizzare la socialità persa dopo il covid e riorganizzare la collettività anche e nonostante le ferite visibili del terremoto 2016 (benché sia stato uno dei primi comuni a riavere la sede storica del municipio restaurata e funzionante), si “arma” di tutta la sua identità per cercare di ricostruire una comunità consapevole del bene finanziario ed economico più importante: le proprie radici storiche, le tradizioni, il tramando, le unicità che danno senso compiuto alla consapevolezza di quel che si è. Questo piccolo comune del centro Italia, organizzando una serie di eventi estivi che puntano l'attenzione su quello che può enfatizzare al massimo le sue caratteristiche per rendere attraente il borgo, sta vedendo qualche piccolo risultato. Inizia, soprattutto fra i giovani, ad affrancarsi la consapevolezza del valore artistico, storico e culturale del borgo, ed inoltre c'è una piccola ma grande inversione di tendenza: la voglia di riprendere in mano il paese partendo dal centro storico.
Basta guardare la composizione urbanistica che dagli anni settanta ha teso, come un po' dappertutto in questi piccoli borghi, a privilegiare la pianura in periferia, la parte bassa a valle, rispetto al sali scendi del centro storico. La voglia di tornare a vivere il borgo è la brezza che si "respira forte" a Belforte del Chienti, dove si torna ad annusare l’aria (è proprio il caso di dirlo), anche con un evento dedicato ai profumi e alla poesia. Il borgo insomma ha tirato fuori le sue carte vincenti, esaltando le proprie sensazioni anche gustative nel segno dell'enogastronomia di qualità soprattutto con un evento che punta a valorizzare le produzioni locali, dando vetrina a quegli agricoltori ed artigiani del luogo che cercano ogni giorno di tirare fuori il meglio dalla propria terra.
“Un Forte in festa” nella consapevolezza di quello che si è stati e soprattutto ancora si è. Testimonianza di una nuova rinascita che privilegia il vivere il centro storico piuttosto che farlo lentamente perire nella claustrofobia di possesso da seconda casa.
Belforte rinasce intorno al comune e alla cattedrale, per via di un sindaco giovane ma soprattutto per via di cittadini autentici e fieri di essere parte di un tessuto sociale che ha dovere morale di tutelare i propri tesori, valorizzandoli, dal polittico imponente, opera di Giovanni Boccati, uno dei più grandi mai realizzati, posto nell'altare della chiesa della piazza. Belforte, consapevole delle opportunità offerte della tecnologia, fa fronte comune contro la globalizzazione, cercando di sentirsi comunità di paese.
Questo tipo di mentalità inizia a dare i suoi frutti. Proprio in piazza infatti da poco ha aperto una nuova osteria con piatti che raccontano questo nuovo corso. Franco Giovannini e Sergio Marucci, credendo nelle possibilità di questo entroterra, ci hanno voluto investire. Lo hanno fatto aprendo l'osteria "La botte piena". Valorizzando il territorio nella scelta e nel rispetto delle materie prime, i gestori stanno facendo un lavoro teso a far risultare una ricetta credibile e godibile. Oltre a piatti che raccontano queste terre facendoti immergere nei suoi sapori, ce n’è uno che guarda il mare e richiama un senso di storia ragionata. Si tratta di un baccalà con la pappa al pomodoro che è davvero interessante anche e soprattutto per metodo di preparazione che ricorda quello alla vicentina o di alcuni posti della Spagna, mentre la presentazione ed il condimento sono del tutto nostrani, proprio inserendo, forse casualmente quella "pappa al pomodoro" che è baluardo toscano ma trova documentazione proprio in Antonio Latini, fra i primi cuochi nomadi a scrivere ricettari e modi di porsi a tavola. Nel suo ricettario di fine seicento, ne descrive la modalità di preparazione. Al di là dei campanilismi, forse quel piatto esorcizza il fatto che vivere il paese non vuol dire essere un baccalà.